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La direttiva Euratom 59/2013 per una migliore radioprotezione

Nuove opportunità per la sicurezza dei pazienti e la sicurezza del personale coinvolto nelle pratiche mediche che comportano esposizioni a radiazioni.

Secondo l’Associazione italiana di fisica medica e la Società italiana radiologia medica, la Direttiva Euratom 59/2013 costituisce una straordinaria opportunità per migliorare la sicurezza dei pazienti e la qualità del lavoro di dottori, tecnici e fisici medici. Tale direttiva sarebbe dovuta entrare in vigore in Italia, come in tutti gli Stati Membri dell’Unione, a partire dal 6 febbraio di quest’anno con l’obiettivo di rafforzare le norme di sicurezza sulle radiazioni ionizzanti anche nel campo della salute. Tuttavia, ritardi di varia natura e lo scioglimento delle Camere in vista delle elezioni politiche hanno ritardato l’iter che l’avrebbe trasformata in legge. Ora, la speranza delle Società scientifiche è che il nuovo Governo approvi la norma entro l’anno, concretizzando il lavoro condotto dal 2014 a oggi dal Gruppo tecnico coordinato dal Ministero dello Sviluppo Economico.

Di questo e molto altro si è parlato durante l’incontro Dose & Talk, momento di confronto tra rappresentanti del mondo clinico, scientifico e dell’industria biomedicale organizzato a Torino lo scorso 23 Febbraio. Quest’evento è solo una delle prime tappe del Dose & Talk Tour, un ciclo di incontri organizzati da GE Healthcare in diverse città italiane per fare il punto sui cambiamenti in corso in materia di gestione della dose con il mondo clinico.

“Il recepimento della Direttiva Euratom 59/2013 è una grande opportunità per incrementare non solo la sicurezza dei pazienti, ma anche la qualità del lavoro del personale medico, fisico e tecnico coinvolto nelle pratiche mediche che comportano esposizioni a radiazioni”, ha affermato Michele Stasi, Presidente Associazione italiana di fisica medica (AIFM).

“In Italia il tema è già stato affrontato col decreto legge 187/2000, che aveva recepito una precedente direttiva europea, ma la nuova norma comporterà novità notevoli come l’obbligo di registrazione del valore di esposizione a radiazioni per ogni esame radiologico e di inserire tale informazione nel referto, un nuovo approccio allo screening, sia nelle esposizioni dei lavoratori e della popolazione come per esempio, nuovi limiti di dose sul cristallino, nonché nuovi profili di responsabilità sull’ottimizzazione e sulla formazione. Questo si tradurrà in benefici concreti: con l’obbligo di registrazione dei dati e dell’informazione al paziente, siamo convinti che si andrà verso una maggiore appropriatezza diagnostica, riducendo il numero di esami radiologici non necessari. La migliore gestione delle informazioni, inoltre, porterà a una maggiore condivisione di informazioni tra gli attori coinvolti e a protocolli più omogenei, condivisi e standardizzati che consentiranno una progressiva riduzione della dose radianti ai pazienti”.

“Secondo uno studio condotto dalla Società Italiana di Radiologia Medica ed Interventistica (SIRM), sul fronte della radioprotezione e dell’esposizione dei pazienti alle radiazioni da esami medici l’Italia risulta in linea con i parametri europei”, ha commentato Sergio Salerno, Presidente della sezione SIRM di Radioprotezione e Radiobiologia. “C’è comunque ampio spazio per migliorare e la SIRM sta lavorando proprio per questo. Il recepimento della Direttiva potrebbe rappresentare un’opportunità importante per un rinnovamento del parco tecnologico con una maggiore attenzione alla radioprotezione del paziente. Questo si tradurrebbe in una migliore qualità dell’immagine, ma anche in una minore dose di radiazioni erogate ai pazienti per quel che riguarda l’ambito radiologico. Per non perdere questa occasione, tuttavia, è fondamentale che il legislatore non intenda recepire la nuova normativa ‘a costo zero’. Con il DL 187/2000, l’Italia era stata tra i primi Paesi a recepire la precedente direttiva Euratom in materia di radioprotezione. Chi si ferma è perduto, però, e con il recepimento della nuova direttiva siamo già oltre il periodo consentito dalle norme europee per i recepimenti legislativi delle norme comunitarie”.

Nel frattempo, comunque, le strutture cliniche italiane hanno già cominciato ad attrezzarsi per non farsi trovare impreparate di fronte ai cambiamenti in atto in materia di gestione della dose, sebbene la strada da percorrere resti lunga. Esistono soluzioni informatiche per il continuo monitoraggio della dose al paziente sviluppate da più aziende del settore fra cui il sistema DoseWatch, progettato da General Electric Healthcare e già installato in oltre 150 strutture cliniche italiane. Questo software è in grado di monitorare ed ottimizzare la dose di radiazioni erogata ai pazienti durante Tac, radiografie e angiografie, fornendo così dati utili per un’ottimizzazione ed una conseguente riduzione di dose in percentuali che possono arrivare dal 15 al 30%”.

Più in dettaglio, DoseWatch è una soluzione digitale che consente l’invio dei dati dosimetrici da parte di apparecchiature diagnostiche (come Tac, angiografi o mammografi) a un server che li archivia e li elabora. Il sistema permette di monitorare e registrare in maniera automatica indici, livelli e parametri tecnici relativi alla dose somministrata con la possibilità di ottimizzarne l’utilizzo secondo principi “ALARA” (as low as reasonably achievable) in particolar modo nelle pratiche speciali e verso i soggetti più sensibili. I benefici in termini di sicurezza del paziente sono significativi: il personale sanitario e tecnico, ad esempio, è informato in tempo reale sulle esposizioni del paziente, con messaggi di warning ove queste siano elevate, soprattutto in presenza di procedure interventistiche complesse o di ripetute indagini.

Disponibile da settembre 2011 e seguito da un team dedicato di circa 60 persone, oggi DoseWatch conta più di 600 aziende sanitarie clienti attive in tutta Europa. L’ultima release del software, presentata in occasione del Congresso mondiale RSNA alla fine dello scorso anno, presenta importanti novità: oggi, DoseWatch infatti è in grado di effettuare una stima del calcolo della dose per organo sulla popolazione di pazienti pediatrici oltre che un’opportuna valutazione della dose ricevuta dal feto nel caso di esposizioni diagnostiche effettuate su pazienti in stato interessante. Nel nostro Paese sono oltre 350 le apparecchiature connesse al software: il 62% sono Tac, il 20% dispositivi per radiologia interventistica, l’11% mammografi e il 7% apparecchiature per radiologia digitale.

La maggior parte delle strutture equipaggiate con il software DoseWatch hanno concentrato la propria attività sul monitoraggio della quantità di radiazioni erogate ai pazienti nel corso degli esami medici. Tra queste, diverse hanno già intrapreso un iter di standardizzazione ed ottimizzazione dei protocolli che ha consentito di ridurre la dose erogata in percentuali che variano rispetto al distretto anatomico e al quesito clinico dal 15 al 30%. Negli ultimi anni, inoltre, l’attività di ricerca e sviluppo del settore biomedicale si è concentrata su dispositivi per imaging diagnostico sempre più efficienti, in grado di effettuare esami clinici di elevata qualità riducendo allo stesso tempo la dose di radiazioni erogate ai pazienti. In quest’ottica GE Healthcare ha realizzato tomografi computerizzati come Revolution CT e Revolution EVO: equipaggiati con la tecnologia Asir-V, sviluppata da GE, sono in grado di ridurre la dose di radiazioni erogate durante gli esami fino all’82%, preservando un’identica qualità dell’immagine.

“L’ottimizzazione della dose di radiazioni erogate ai pazienti durante gli esami medici è un’importante opportunità per la Sanità di oggi, non soltanto alla luce dell’entrata in vigore della Direttiva Euratom 59/2013”, ha affermato Antonio Spera, Presidente e Ad di GE Healthcare Italia. “Grazie alle più moderne tecnologie digitali, la Sanità ha in mano tutti gli strumenti per vincere questa sfida. In quest’ottica siamo orgogliosi della diffusione del sistema DoseWatch in Italia, un fenomeno che dimostra come in questi anni le strutture del Paese si siano impegnate con decisione per rendere gli esami radiologici sempre più sicuri ed efficienti. La strada è ancora lunga, ma siamo convinti sia quella giusta”.